Tre Piani ospedalieri non sono bastati, avanti con il quarto?
21 Novembre 2018Dopo la Cisl Fp che qualche giorno fa ha deciso di parlare con concretezza sull’organizzazione della sanità campana, esce allo scoperto anche la Cimo (Confederazione italiana dei medici ospedalieri) con il segretario regionale Antonio De Falco.
E lo fa alla vigilia di un importante confronto romano tra i rappresentanti del Governo e la Regione Campania che, nel presentare il consuntivo economico al tavolo di monitoraggio, probabilmente presenterà la riformulazione del nuovo piano ospedaliero.
Dottore De Falco la Cimo è d’accordo sull’impianto organizzativo del piano ospedaliero?
“Questa programmazione messa a punto dalla Regione mi dà l’idea che si voglia rincorrere ogni volta qualcosa. Non sono in contatto con i politici regionali, ma credo che il loro pensiero sia riducibile a uno slogan: <Fare piani ci piace>. Lo dico perché, se non sbaglio, questo dovrebbe essere il terzo piano che presenta la giunta De Luca”.
Vuol dire che le idee non mancano, che si vuol fare sempre di più e meglio.
“Il problema non è preparare un piano ospedaliero, ma è importante la sua realizzazione. Al di là delle chiacchiere, per attuarlo occorre del tempo. In Campania ho l’impressione che invece si parta sempre daccapo. Confesso una cosa: non ho avuto il tempo di leggere e valutare concretamente questo piano di circa cento pagine perché nei prossimi giorni abbiamo il congresso nazionale per il quale mi sto preparando. Un piano non va solo letto, va studiato con attenzione. Cosa che farò dopo il congresso”.
Come mai la Cimo ha delle perplessità?
“Da una lettura sommaria ci sono cose che ci meravigliano. Parliamo dell’Ospedale del Mare che dal 15 settembre ha inaugurato anche il pronto soccorso. Quello è un Dea di primo livello, in attesa di passare al secondo, e mi chiedo come fa una struttura con questa particolare e importante qualifica a non prevedere la ginecologia? Un dipartimento di ostetricia e ginecologia, in un Dea che molto probabilmente diventerà di secondo livello, è previsto dal decreto ministeriale 70. Credo sia una scelta obbligata”.
A Ponticelli esistono situazioni particolari. A breve distanza dall’Ospedale del Mare c’è Villa Betania, struttura religiosa convenzionata che lavora molto con la ginecologia e la neonatologia.
“Villa Betania è un ospedale che ha sempre garantito risposte importanti al territorio, ma chiariamo che non è riconosciuta come Dea di secondo livello. Come dicevano i latini? Ubi maior minor cessat. Essendo l’Ospedale del Mare un più che probabile Dea di secondo livello la logica dovrebbe portare a pensare che Villa Betania deve modificare la propria organizzazione”.
Questi gli appunti della Cimo al piano ospedaliero, dottore De Falco?
“No, ci sono tante altre cose e non solo a Napoli. Noto delle leggerezze per l’assistenza in città dove l’ospedale di via Marina, il Loreto Mare, è ridotto praticamente a un semplice pronto soccorso. Storia simile a quella dell’Ascalesi che è stato trasferito al Pascale, ma in attesa del suo trasferimento quell’ospedale è stato fatto morire lentamente. Oggi si parla di ricostruire l’ospedale San Paolo, dicono che ci vorrebbero sette anni. Intanto che si fa con quella struttura, deve morire così com’è?”
Parlava di problemi in altre zone della Campania.
“Si, mi veniva in mente Salerno che ha un ospedale identificato come Dea di secondo livello con una divisione di neurochirurgia. Credo che il decreto ministeriale 70 del 2015 dica chiaramente che se un ospedale ha una Tac da 32 slide non può attivare la neurochirurgia anche perché un dipartimento di neurochirurgia impone la presenza di un radiologo interventista presente nell’arco delle ventiquattro ore. Non ho certezze, ma credo che il decreto ministeriale non venga rispettato. Mi sembra di ricordare che un anno fa una paziente sarebbe morta proprio per questo durante il trasferimento da Salerno al Cardarelli”.
Il piano ospedaliero dovrebbe prevedere anche le attrezzature necessarie. In un ambulatorio dell’Asl Napoli 1 sono fuori uso la Tac che la prima e unica risonanza magnetica dell’Azienda sanitaria.
“Credo che di questi macchinari si parli da anni. Questo è il problema: fare i piani ci piace. Ma la cosa più importante è realizzarli. La logica dovrebbe suggerire una particolare tempistica che autorizzi ad ammodernare e modificare un piano ospedaliero ogni tre, quattro anni”.