Troppe ore di lavoro e burn out, tre medici su quattro vorrebbero andare via da Ssn
2 Febbraio 2024Fagocitati dal lavoro, in 72 su 100 – percentuale senza precedenti – vorrebbero lasciare il Servizio sanitario nazionale per trasferirsi all’estero: è sempre più difficile la vita per i medici dipendenti e per i loro colleghi infermieri con ruolo dirigenziale. Lo rivela un sondaggio Anaao Assomed su un campione rappresentativo di camici bianchi: l’87% dei rispondenti dichiara di non avere una vita personale soddisfacente, e il 96,5% reputa eccessivo il carico cui è sottoposto. La vita in ospedale non è più concepita, nemmeno dai giovani, come una sfida con sé stessi e come un percorso di squadra; appare piuttosto impegno oneroso, ripetitivo, scandito da guardie e reperibilità. Uno scenario che sembra spiegare, come sottolinea il segretario Anaao Assomed Pierino Di Silverio, “il calo di appeal di specialità che offrono meno possibilità e prospettive del privato”. Il sindacato maggioritario dei medici ospedalieri aveva presentato un analogo questionario nove anni fa; oggi qualcosa è migliorato, ci sono più medici giovani fra i 31 ai 40 anni, grazie alle nuove assunzioni in periodo Covid-19. E si è dimezzato il numero di camici che riferisce di lavorare dopo la notte di guardia, in violazione della normativa sui riposi. Ma la gioventù non corazza rispetto ad un lavoro comunque aumentato del 5,5% rispetto a 9 anni fa: ogni anno sono tra 150 e 250 le ore lavorate in più (si resta in struttura un 40% in più del 2014) e un medico su due non recupera il giorno festivo non fruito per la reperibilità. Rispetto al sondaggio precedente, si visita lo stesso numero di pazienti in corsia, ed è identico il numero di notti e reperibilità, festivi trascorsi in servizio. E risulta peggiorato il dato di fruizione delle ferie: oltre il 50% non riesce a utilizzare i giorni di riposo. Per non parlare delle ore di aggiornamento, utilizzate “da una percentuale risibile”. Ci sono infine nuovi fenomeni come il lavoro su più presìdi conseguente all’accorpamento di Aziende Sanitarie o l’introduzione di cooperative di medici e sanitari, denunciati rispettivamente dal 26% e dal 20% degli intervistati. Quanto alla dottoressa in maternità, non è sostituita nell’85% dei reparti. Solo per il 3% è sostituita entro i due mesi e per il 12% dopo oltre 2 mesi. Del resto, essendo sempre meno i medici nelle specialità più “gravose” e onerosi in termini di tempo trascorso al lavoro, in tutta Italia vanno spesso deserti bandi per contratti a tempo indeterminato.
Tra i 96 su 100 che dichiarano eccessivo il carico lavorativo (4,6% in più di 9 anni fa), il 56%, oltre metà, dichiara di essere vicino al “burn out”. Il superlavoro mina “il rapporto con partner/figli” (64,5%) e la vita personale (87%, contro l’80% dell’indagine 2014). Il nuovo contratto 2019-21 mette delle pezze, come sottolinea Di Silverio, «ad esempio dove prevede l’assegnazione della sede di ordinaria attività lavorativa, contribuendo a ridurre il fenomeno del lavoro su più presidi. O dove definisce le tipologie di eccedenza dell’orario contrattuale, la loro remunerazione e possibilità di recupero. E infine dove regola il Servizio di Pronta Disponibilità, auspicabilmente riducendone l’abuso». Ma vanno fatti sforzi ulteriori da governo e regioni. Dal punto di vista economico, per Anaao Assomed urge retribuire di più le specialità con attività prevalentemente ospedaliera e i turni di guardia festivi e feriali, investendo sull’adeguamento dei salari alla media europea. Inoltre, servirebbe raccordare i carichi di lavoro con il rispetto dell’orario. E ancora: l’aumento dell’opportunità di carriera, la sostituzione della maternità, la flessibilità oraria. Infine, oltre ad aumentare i letti, eliminare la nomina politica dei Direttori Generali potrebbe creare un clima in grado di migliorare la collaborazione tra dirigenza e middle management. Come dovrebbero migliorare (anche in chiave anti-burocrazia, altra piaga) i percorsi assistenziali ospedale-territorio con la riorganizzazione dei servizi territoriali. «I risultati del sondaggio confermano l’urgenza di un nostro obiettivo: migliorare le condizioni di lavoro attraverso un suo diverso valore, anche salariale, sue diverse collocazioni giuridiche e diversi modelli organizzativi per superare quel disagio medico che è causa principale del grande scontento attuale», dice Di Silverio. «Dobbiamo fermare questa deriva che rischia di travolgere il servizio sanitario pubblico e nazionale costruito in 45 anni di lavoro e sacrifici. I risultati della survey saranno inviati al Presidente del Consiglio, al Governo, ai partiti e alle Regioni perché nelle loro scelte tengano conto dell’urgenza di una “vision” rispetto alla salvaguardia del Servizio Sanitario pubblico e universale».