Un uomo di ferro in monti di latte
6 Aprile 2024Paolo-Crescenzo-Martino Avitabile nacque nel 1791 ad Agerola.
Di Murat non condivise le idee ma divenne un suo fedelissimo artigliere. Una fedeltà che si risolse nel bagno di sangue di Tolentino dove Murat subì una definitiva sconfitta. Da uomo d’arme Avitabile preferì, alla lettura e all’impegno casalingo, il fascino della divisa. Si arruolò nell’esercito di Ferdinando Imo di Borbone. La sua irrequietezza e i comportamenti estremi, a mio parere, sono da farsi risalire a un conflitto d’interesse tra i suoi tre nomi(Paolo, Crescenzo, Martino) che si scontravano e gestivano le sue diverse anime causandogli continue crisi d’identità e lo portarono a diventare soldato di ventura.
Giunse a Costantinopoli dove si mise al servizio dello Scià di Persia. Superò l’impossibile raggiungendo l’Afghanistan. Diventò Generale e Condottiero delle truppe del Marana Ranjit Singh che lo nominò Governatore di Peshawar. Peshawar era zona poco raccomandabile perché tutti avevano (hanno?) un fucile a tracolla ed erano eternamente incazzati e in guerra. Per nulla intimorito, ricordò di essere conterraneo di Machiavelli. Con sistemi spicciativi e sanguinari fece capire agli afghani che i napoletani sono un popolo ricco di risorse e fantasia più efficace dei droni americani e dei kamikaze autoctoni. Un pedigree che lo annoverò a pieno titolo nel guinness dei primati dell’horror. Fu chiamato Abu Tabela (Abu= Papà). Un papà anomalo con batti panni e kalàšnikof come raccontano, ancora oggi, le madri afgane per spaventare i figli capricciosi. Era la copia dell’uomo nero della nostra infanzia o del brigante Ninco/Nanco con cappellaccio e schioppo a forma di trombone. Un Ufficiale dell’esercito inglese affermò che gli afgani “guardavano Abu Tabela con la stessa reverenza con cui gli sciacalli guardavano una tigre”.
Una sera di estate il Governatore osservò le onorificenze esposte in bella mostra nella sua Reggia. Ricostruì nella memoria immagini e momenti salienti. Il tempo e le varie fasi della sua vita. C’era Napoli dove aveva conseguito i gradi di primo Tenente- di Colonnello in Persia- Generale a Lahore-a Peshawar: Governatore- Cavaliere della Legion d’Onore di San Ferdinando Merito- Commendatore dell’Ordine Durrani e di Ranjit Singh- Gran Cordone del Leone e Sole di Persia- Gran Cordone dei due Leoni e Corona di Persia- Gran Cordone della Stella Brillante del Punjab.
Una vita avventurosa ma su tutto prevalse un pensiero nostalgico: ritornare nella terra d’origine, un Eden dove tutti si salutano e si offrono un caffè. Suonano il mandolino e cantano “o Sole mio”. Il Sole non tradisce il sentimento possessivo degli innamorati. Dopo una giornata di luce e calore scende lentamente nel mare in un sottile tremolio di piccole guglie, piccole onde, un tappeto d’ oro come ultimo omaggio al giorno che nostalgicamente muore ma per poco…. Ritornò, questa volta come Papà, sui monti Lattari, nella sua dimora sospesa fra cielo e terra in un mare di infinita bellezza. Il Generale tolse la divisa e… comune mortale desiderò una mozzarella fatta del latte delle sue mucche.
A questo punto è necessario una premessa
Il Generale Arthur Wellesley, duca di Wellington, donò ad Avitabile, per i servigi resi alla Corona inglese, una sciabola, un torello, due vacche gravide, una vitella, tutte di razza Jersey. Tra toro e cow e torus e vacca sbocciò un amore passionale. Nacque un ibrido dai capelli biondi e gli occhi scuri: la razza agerolese.
Una razza che produceva un latte così buono e nutriente da ricordargli il latte materno. Divenne mozzarella. Le ghiandole salivari di Papà (non più Abu) divennero piccole fontane che iniziarono a zampillare di gioia e desiderio e gli inumidirono l’angolo delle labbra. Un latte lavorato, un prodotto lattiero caseario fresco, a pasta filata di origine vaccino proveniente esclusivamente dai pascoli dei suoi monti.
Un secolo dopo in un’anonima pizzeria napoletana ci fu un felice connubio antesignano della fusione nucleare. Nel laboratorio della pizzeria esplose una incontenibile energia e un sapore inconfondibile i cui effetti sarebbero durati nell’eternità: la pizza Margherita. Gennarino (il pizzaiolo), nei giorni precedenti, aveva provato a insaporire un ruoto di pasta fermentata con una mozzarella qualunque. Quest’ultima, ricca di acqua, aveva bagnato la pasta e, ricca di grasso, l’aveva oleata. Fu, allora, che lo spirito di Avitabile, spirito irrequieto sempre a causa dei suoi tre nomi (Paolo, Crescenzo, Martino) gli venne in soccorso. In una notte di tempesta tra scrosci di pioggia, e folate di scirocco caldo e sabbioso, Gennarino udì in casa sua il coro del De Profundis e passi militari. Terrorizzato cercò di gridare ma la voce anch’essa impaurita si era rifugiata nel profondo delle coperte. Cercò di fuggire ma le gambe erano due blocchi di marmo. Rassegnato, vide apparire, a destra della spalliera del letto, un soldato con cento medaglie sul petto e una scimitarra che brandiva con la mano destra. Gennarino rassegnato e paralizzato da quella figura gigantesca offrì il collo. Chiuse gli occhi e iniziò una nenia che anticipava la veglia dei morti. Aspettò il colpo fatale. ma, stralunato e incredulo, non fu sgozzato. Abu Tabela sorrise come un Papà, aveva sulla punta della scimitarra una mozzarella pregiata: la mozzarella di Agerola. Disse: “Guagliò c’è mozzarella e mozzarella”. Strinse le sopracciglia sul naso lasciando l’eco del suo nome e scomparve.
Nacque un piatto raffinato, un giusto coronamento offerto dai napoletani ad un ospite d’eccezione: la Regina Margherita. Un alimento che la Regina gradì e che stemperò la fame del popolo minuto affetto da un appetito cronico. Un alimento caratterizzato dalla semplicità e dal poco costo dei suoi ingredienti: farina, pomodoro, fiordilatte, basilico, sale, olio e dalla cottura in un forno a legna. Da buon Napoletano Gennarino affidò il sogno alla smorfia ma vinse una Pizza Margherita a vita.
Venite in Agerola non come turisti ma come ospiti (parafrasando Davide Rampelli in Striscia la notizia).
Agerola è terra antica, ricca di ampolle, anfore, lucerne, vasi, monete, abituri e cunicoli. Una storia che risale ai tempi dei Cesari, alla dominazione bizantina, longobarda. E oggi, dalla presenza delle spoglie del generale Paolo Crescenzo Martino Avitabile conservate nella Chiesa di San Martino Vescovo.