Una follia i test anticovid negli studi medici
20 Agosto 2020Vogliamo ribadire che i medici di medicina generale intendono fare quello che hanno sempre fatto: occuparsi dei nostri pazienti fragili, dei malati cronici ed oncologici.
Apprendiamo da circolari ministeriali che nell’ultima settimana di agosto negli studi medici si effettueranno test sierologici per il personale scolastico e da notizie stampa che nel Lazio a settembre prossimo i tamponi per il covid si dovrebbero fare anche negli studi dei medici di medicina generale. Sono scelte sbagliate che ci vedono contrari. E i drive in? Le Usca? Gli uffici di Igiene e Profilassi? Spariti nel nulla? La nostra opposizione a tale accordo racchiude molteplici ragioni: dal un punto di vista organizzativo significherebbe fare gli stessi errori che hanno portato tanti morti nelle RSA quando si è deciso di mettere a contatto malati covid con soggetti fragili e cioè non tenere distinti il percorso sporco da quello pulito, tenuto conto che la separazione dei percorsi tra pazienti è complicata d’attuare anche negli studi dei medici di medicina generale.
Dove sono finiti tutti i fantasiosi progetti che sono stati attuati ultimamente nella Regione Lazio (vedi Uscar al posto delle Usca)? A tutto questo va aggiunto che la notizia della firma del protocollo non è stata data dall’Assessore alla Salute del Lazio ma da un esponente di parte sindacale; evidentemente il sole di ferragosto confonde le idee ed anche i ruoli.
In pieno agosto, inoltre, come se non bastasse l’emergenza sanitaria, la preoccupazione di come affronteremo la prossima campagna vaccinale anti influenzale, mettendo in atto tutte le misure di sicurezza per i nostri pazienti, su come affronteremo l’ondata dei pazienti febbrili sulle ambulanze del 118, nei presidi di Continuità Assistenziale, negli ospedali, leggiamo di circolari ministeriali che impongono ai medici di famiglia di fare i test sierologici negli ambulatori o protocolli in arrivo, come nel Lazio , dove ci si chiede addirittura di fare i tamponi nei nostri studi. È questa la notizia più sorprendente di questo insolito ferragosto.
Vogliamo ribadire, invece, che i medici di medicina generale intendono fare quello che hanno sempre fatto: occuparsi dei nostri pazienti fragili, dei malati cronici ed oncologici che in questi mesi sono stati ancora più in difficoltà.
Vogliamo continuare a fare quello che in questi mesi abbiamo fatto: monitorare i pazienti covid, 7 giorni su 7, segnalarli ai Sisp (Servizio di igiene e sanità pubblica), attivare le Usca, lì dove esistono, per una presa in carico congiunta e, dove non esistono, fare le visite domiciliari.
Siamo dipendenti quando conviene a qualcuno e liberi professionisti quando conviene a qualcun altro. Non siamo stati riforniti neanche di Dpi, perché imprenditori di noi stessi; ancora oggi siamo senza tutele. L’Inail non indennizza i morti di covid perché non siamo dipendenti, le assicurazioni di categoria non ci indennizzano perché la morte per covid non viene ritenuta infortuni, l’Enpam provvede in maniera nettamente insufficiente. Le Asl, contrariamente a quanto avviene per i medici di continuità assistenziale e del 118 convenzionati, non stipulano per i medici di assistenza primaria nessuna assicurazione per infortunio, in quanto il nostro luogo di lavoro (l’ambulatorio) viene ritenuto uno studio privato e non un presidio del Sistema sanitario nazionale, ancorché limitatamente all’orario di attività convenzionale, così come richiesto da Smi in più occasioni durante le discussioni al tavolo delle trattative.
Il Sindacato medici italiani dice no agli ordini di servizio, se prima non si comincia a parlare di tutele, pari opportunità, dignità della professione, dignità delle retribuzioni, dignità delle pensioni.
Invitiamo, infine, il sindacato che parla a nome di tutta la categoria medica, di stipulare gli accordi solo per i propri iscritti che, evidentemente, sono contenti di chi li rappresenta, per gli iscritti dello Smi ci pensiamo noi.
*Segretario generale Sindacato medici italiani