Una nuova cura per “frenare” la Sla?

Una nuova cura per “frenare” la Sla?

21 Gennaio 2019 0 Di Andrea Di Lauro *

Parte uno studio internazionale, coordinato dal professor Albanese dell’Humanitas di Milano, con lo scopo di verificare le potenzialità del farmaco nel suo impiego neurologico.

Dr. Andrea Di Lauro

La Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia neurodegenerativa progressiva, a causa sconosciuta, che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose deputate all’attività muscolare volontaria.

La SLA è una patologia rara (attualmente sono circa 5000 i malati in Italia) e, nella quasi totalità dei casi, sporadica (le forme familiari sono circa il 10% del totale dei pazienti).

Le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell’articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un’estensione variabile, fino ad arrivare alla compromissione dei muscoli respiratori, quindi alla necessità di ventilazione assistita.

La patologia non influisce in nessun modo sulle funzioni intellettive, sensoriali, sessuali, vescicali ed intestinali; anche nelle fasi più avanzate tutte le funzioni cognitive restano attive ed efficienti in un corpo che diventa sempre più magro ed immobile.

Purtroppo, non esiste attualmente una cura per questa malattia.

L’unico farmaco disponibile per la terapia della SLA è il riluzolo che, purtroppo, anche se ha rappresentato un indubbio passo in avanti, spesso ha effetti impalpabili sul decorso della malattia.

Le speranze dei ricercatori si sono ora focalizzate su di un nuovo trattamento a base di un derivato degli acidi biliari (TUDCA) dopo che uno studio pilota che ha coinvolto Centri di Milano, Napoli, Palermo ha rilevato, su di un numero non elevato di pazienti, un rallentamento significativo della progressione della malattia.

E’ partito quindi uno studio multicentrico internazionale coordinato dal gruppo di ricerca del Professor Alberto Albanese dell’Humanitas di Milano per confermare questi dati preliminari per essere poi in grado (speriamo) di offrire a tutti un farmaco con comprovata capacità di incidere sulla storia naturale della malattia rallentandone il processo degenerativo neuronale.

*Neurologo, già direttore Divisione neurologia Azienda ospedaliera Caserta