Vaccinazione anti-Covid, quando farla in caso di infezione
13 Gennaio 2022La circolazione sempre più rapida della variante Omicron ha incrementato il numero di vaccinati che contraggono il Covid-19 la cui positività influisce sul completamento della vaccinazione stravolgendo regole e tempi previsti per i richiami sia dopo ciascuna dose del vaccino sia dopo un’infezione. Come regolarsi? Attualmente, la materia è disciplinata dalla circolare del 6 dicembre scorso del Ministero della Salute (“Chiarimenti in merito alla somministrazione della dose di richiamo nei soggetti già vaccinati e con pregressa o successiva infezione da SARS-CoV-2”) cui si sono aggiunti due successive circolari del 24 e 28 dicembre con cui si porta l’intervallo tra seconda dose e booster da 150 a 120 giorni, e una terza del 3 gennaio. Data la complessità del tema, vediamo tre casi specifici con le rispettive peculiarità.
I contagiati mai vaccinati vanno distinti in base al tempo decorso dalla malattia, se superiore od inferiore ad un anno. I contagiati da oltre 12 mesi vanno considerati come “mai vaccinati”. Per loro vale l’impianto della circolare 6 dicembre: se guariti da 12 mesi devono applicare il ciclo completo, 2 dosi e booster, prima possibile. Lo scorso dicembre il booster era previsto a 150 giorni dalla seconda dose ma la circolare del 28 dicembre scorso (“Aggiornamento intervallo temporale per la somministrazione della dose di richiamo”) lo ha portato a 120 giorni. I contagiati da meno di un anno devono fare una dose di vaccino a una distanza di tempo che la circolare del DG Prevenzione del Ministero del 3 gennaio (“Vaccinazione dei soggetti che hanno avuto un’infezione da SARS-CoV-2”) ha individuato in un arco che va da un minimo di 3 ad un massimo di 6 mesi. Inoltre la durata del green pass da guarigione è 6 mesi dalla diagnosi, quindi se quest’ultimo scade e il soggetto guarito non ha ancora ricevuto la dose, può farla e con una sola dose sarà in regola fino ad un anno dal contagio. In assoluto, non si può escludere che vengano contestate, occasionalmente, letture più restrittive dei tempi dell’obbligo vaccinale («caro signore lei non può entrare allo stadio perché doveva vaccinarsi entro 3 mesi dalla malattia»).
I contagiati mentre dovevano completare il ciclo primario di vaccinazione vanno incontro a due situazioni diverse a seconda che l’infezione sia sopraggiunta dopo il 14° giorno dall’inoculazione della prima dose cioè una volta che ai sensi della burocrazia il vaccino aveva già fatto effetto, o prima. Nel caso in cui ci si sia infettati dopo 14 giorni dalla prima dose, l’infezione si considera aver completato il ciclo dunque serve solo un booster dopo 120 giorni. Nel caso ci si sia infettati prima dei 14 giorni, l’immunizzazione offerta dalla malattia è considerata unica dose, sicché serve la seconda dose da eseguire entro 3 mesi dalla diagnosi di Covid-19 mentre dopo altri 4 mesi dalla seconda dose si esegue il richiamo. La circolare ministeriale del 6 dicembre per la cronaca raccomandava agli infettati entro il 14° giorno dalla prima dose una seconda dose a 6 mesi dalla documentata infezione e non ai 3 come invece stabilito dalla circolare DG Prevenzione del Ministero del 3 gennaio.
I contagiati dopo due dosi di vaccino non hanno ancora una tempistica per il richiamo. Il segretario Fimmg Silvestro Scotti osserva che stando alle circolari ministeriali, la terza dose booster va somministrata almeno dopo 4 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario con due dosi. Chi si ammala di Covid dopo aver effettuato il ciclo primario andrebbe dunque considerato come se avesse fatto la terza dose di richiamo e il suo ciclo vaccinale terminato. Tuttavia, anche se in linea teorica un soggetto con queste caratteristiche non dovrebbe fare il booster dopo la malattia, non è chiaro come comportarsi e aspettiamo indicazioni».
Fonte: DoctorNews33