Vaccini anti-Covid-19: ecco gli ultimi studi e cosa fare (II parte)
16 Settembre 2022Continua il nostro viaggio con il dottore Carlo Alfaro nell’universo dei vaccini, molto è stato fatto per fronteggiare l’emergenza pandemica ma molti sono ancora gli interrogativi che ci poniamo. Tutto Sanità cerca di far luce intervistando e dialogando con il dottore Carlo Alfaro, sempre disponibile a rispondere alle nostre infinite curiosità
I vaccini proteggono dal Long Covid?
Su questo gli studi non sono conclusivi; sembra in realtà solo parzialmente.
E sono efficaci sulle reinfezioni?
Le reinfezioni in persone guarite o vaccinate sono diventate più comuni con Omicron rispetto alle varianti precedenti. Le cosiddette infezioni “breakthrough” (quelle che fanno breccia nello scudo vaccinale) sono frequenti dopo due dosi di vaccino e si riducono dopo tre dosi ma comunque si è esposti. Come d’altra parte anche dopo aver contratto la malattia. Molti infettati a marzo con Omicron BA.1 hanno preso BA.5 a luglio. Ma chi è sia vaccinato che guarito sembra avere più protezione.
Come sta procedendo la vaccinazione nei minorenni?
Riguardo gli adolescenti, dall’estate 2021 la vaccinazione è stata estesa in Italia anche ai ragazzi di età tra i 12 e i 18 anni. Gli adolescenti praticano la stessa schedula vaccinale degli over 18: due dosi a distanza di 21 giorni nel caso del Pfizer o 28 giorni nel caso di Moderna, con richiamo dopo 4 mesi. Riguardo alla fascia 5-11 anni, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la vaccinazione con Pfizer a partire dal 16 dicembre 2021. La dose pediatrica è pari a 10 mg, ossia un terzo della dose per gli adulti, e la somministrazione si avvale di un ago idoneo per i bambini. Sono previste due dosi con un intervallo di somministrazione di 21 giorni. Successivamente, l’Ema (Agenzia europea dei farmaci) ha autorizzato anche il vaccino Moderna per i bambini tra 6 e 11 anni. La dose pediatrica è di 50 microgrammi rispetto a 100 microgrammi di quella per adulti. Come nella fascia over 12, il vaccino viene somministrato con due iniezioni intramuscolari a distanza di quattro settimane l’una dall’altra. La Food and Drug Administration (Fda), agenzia federale Usa per il controllo dei farmaci, ha autorizzato anche il booster (terza dose) del vaccino di Pfizer per i bambini fra i 5 e gli 11 anni. Fda ha inoltre concesso l’uso di emergenza del vaccino Pfizer e Moderna per i bambini dai 6 mesi ai 5 anni: il vaccino Pfizer in una serie primaria di tre dosi in cui le due dosi iniziali vengono somministrate a distanza di tre settimane l’una dall’altra; il Moderna in una serie primaria di due dosi, a distanza di un mese l’una dall’altra. Mentre il vaccino negli adolescenti ha una buona copertura (ad oggi risulta vaccinato con ciclo completo l’83,4% della classe 12-19 anni), l’esitazione dei genitori, basata sulla paura dei possibili effetti avversi e l’idea che il Covid non sia pericoloso per i bambini, è responsabile di una bassa copertura (35,11%) nella classe 5-11 anni.
Il vaccino nei minori è efficace?
Riguardo all’efficacia, uno studio multicentrico statunitense pubblicato sul New England Journal of Medicine che ha esaminato 1.185 bambini e adolescenti con COVID-19 seguiti in 31 ospedali pediatrici documenta che negli adolescenti di età compresa tra 12 e 18 anni e nei bambini tra 5 e 11 anni il vaccino Pfizer ha ridotto significativamente i ricoveri e li ha protetti dalle forme gravi. Per gli adolescenti la protezione verso Omicron è stata inferiore. In Italia, un’analisi retrospettiva dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicata su The Lancet suggerisce che la vaccinazione nei bambini abbia una minore efficacia nella prevenzione dell’infezione e della malattia grave rispetto a quanto osservato negli individui di età pari o superiore a 12 anni: protezione del 29% contro l’infezione e del 41% contro la malattia grave, anche se per i non vaccinati l’incidenza delle forme severe della malattia è risultata doppia rispetto a chi aveva fatto le due dosi.
I vaccini in gravidanza vanno fatti?
In gravidanza e allattamento la vaccinazione consente una sorta di “immunizzazione passiva” del neonato grazie al passaggio degli anticorpi attraverso la placenta e il seno. Attualmente il vaccino (Pfizer o Moderna) è raccomandato nel secondo e terzo trimestre di gravidanza e in corso di allattamento. Per quanto riguarda la vaccinazione nel primo trimestre, sebbene la vaccinazione possa essere considerata sicura in qualsiasi periodo della gravidanza, sono ancora poche le evidenze. Comunque non è consigliato un test di gravidanza prima della vaccinazione né di ritardare o interrompere la gravidanza in virtù della vaccinazione. Uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine su 21.643 nati vivi in Norvegia tra il 1 settembre 2021 e il 28 febbraio 2022 conclude che la vaccinazione contro il COVID-19 nelle donne in gravidanza può ridurre il rischio di infezione nei primi 4 mesi di vita rispetto ai nati da madri non vaccinate. Dallo studio emerge anche un minor rischio di infezione tra i bambini nati da donne che hanno ricevuto una terza dose di vaccino rispetto a quelli nati da madri con 2 dosi soltanto.
La terza dose, o Booster. Va fatta a tutti? E con quale vaccino?
Gli studi documentano che gli anticorpi generati dopo le prime due dosi dei vaccini a RNA messaggero calano progressivamente dopo il primo trimestre, con conseguente riduzione nel tempo sia della protezione da malattia grave che, ancor più significativamente, da infezione. La protezione è leggermente più resistente per Moderna, che ha un dosaggio più alto (per cui dà anche più effetti collaterali). Inoltre, diversi studi mostrano come la dose booster aumenti significativamente la neutralizzazione delle varianti di SarsCoV2, Omicron inclusa. Per questo motivo la dose di richiamo va fatta a tutti i soggetti dopo i 12 anni. Con Moderna è previsto un dosaggio ridotto: 50 microgrammi invece dei 100 delle prime due dosi, mentre il dosaggio di Pfizer resta invariato: 30 microgrammi. Per chi ha eseguito il primo ciclo con Astrazeneca o Johnson & Johnson, si è trovato che il richiamo con un vaccino a RNAm (vaccinazione eterologa) aumenta la risposta immunitaria rispetto all’utilizzo dello stesso vaccino (vaccinazione omologa). L’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha autorizzato il booster negli adulti anche con J&J e di Astrazeneca. Evidenze scientifiche mostrano che gli effetti collaterali sono stati meno frequenti dopo la terza dose rispetto a quelli riscontrati dopo la seconda dose.
La quarta dose: va fatta?
Per i pazienti con compromissione della risposta immunologica il ciclo vaccinale primario consta di tre dosi, mentre la quarta dose rappresenta l’equivalente della terza dose (booster) per gli immunocompetenti. Per le persone immunocompetenti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e le autorità sanitarie europee (EMA e ECDC) si sono espresse a favore della quarta dose solo per talune categorie: operatori sanitari e persone con più di 60 anni, almeno 4 mesi dopo la precedente. In ogni caso, la quarta dose non è obbligatoria ma solo raccomandata. Vengono utilizzati solo i vaccini a mRna di Pfizer e Moderna. Uno studio condotto in Israele su 182.122 persone con più di 60 anni e pubblicato sul New England Journal of Medicine conclude che la quarta dose di vaccino contro il Covid-19 riduce dal 62 al 74% il rischio di forme severe, ricovero e morte nel mese successivo alla somministrazione. Un altro studio israeliano pubblicato su JAMA Internal Medicine dimostra che la quarta dose del vaccino Pfizer ha conferito un’elevata protezione contro i ricoveri e le morti causate da SARS-CoV-2 tra i residenti di strutture di assistenza a lungo termine (RSA) durante l’aumento della prevalenza della variante Omicron, ma la protezione è stata modesta contro l’infezione. Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine, un secondo booster vaccinale negli adulti di età pari o superiore a 60 anni porta a una sostanziale riduzione dei ricoveri e dei decessi per COVID-19. Per un altro studio, pubblicato su Lancet Infectious Diseases , la quarta dose è sicura e fornisce un sostanziale aumento delle concentrazioni di anticorpi e dell’immunità cellulare se somministrata più di 6 mesi dopo una terza dose; tuttavia la quarta dose potrebbe non aumentare l’immunità se i livelli di base sono elevati. Al momento, non ci sono prove chiare a sostegno della somministrazione di una seconda dose di richiamo a persone di età inferiore ai 60 anni che non sono a rischio maggiore di malattie gravi. Secondo l’Oms, per le popolazioni sane più giovani il beneficio è minimo. La campagna per la somministrazione della quarta dose di vaccino anti-Covid in Italia non decolla: al 24 agosto Gimbe segnala che il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 16,7%, con nette differenze regionali: dal 6,4% della Provincia Autonoma di Bolzano al 32,3% del Piemonte.