Vaccino anti-Covid, quanto dura l’immunità?
15 Agosto 2021Se la prassi vaccinale rappresenta, a detta del mondo scientifico, l’arma vincente contro la pandemia, diventa fondamentale conoscere la durata della relativa difesa immunitaria indotta dal vaccino. Ed in effetti, si discute molto sulla durata dell’immunizzazione nelle persone che sono state vaccinate contro Sars-CoV-2 e in quelle che invece hanno ottenuto un’immunità naturale avendo contratto il virus. A tal proposito, alcuni ricercatori inglesi hanno riferito, in una lettera di ricerca pubblicata su Lancet, che gli anticorpi generati dalla seconda dose di vaccino tendono a diminuire già dopo sei settimane. Questo fatto potrebbe significare la necessità di un’ulteriore dose, se non per tutti almeno per i più fragili, anche se è importante notare che l’organismo è in grado di utilizzare altre difese, come le cellule B e T della memoria, oltre agli anticorpi dosabili.
I ricercatori sono arrivati a queste conclusioni analizzando campioni ematici di 605 persone tra i 50 e i 70 anni, che avevano completato la vaccinazione con Pfizer o Astrazeneca, notando che tra le tre e le sei settimane dopo la seconda dose il livello degli anticorpi inizia a scendere, ed è decisamente più basso dopo 10 settimane, passando da 7.500 unità per millilitro a 3.320 per Pfizer, e da 1.200 a 190 per Astrazeneca. «Sappiamo che gli anticorpi calano dopo un certo periodo in tutti i vaccini, questo però non significa che l’organismo non riesca più a rispondere, ci sono altre cellule del sistema immunitario che possono entrare in azione. Anche se diminuisce il livello degli anticorpi, infatti, le cellule B e T potrebbero proteggere molto bene dalla malattia grave» spiega Robert Aldridge, dell’University College di Londra, autore senior della lettera. La diminuzione potrebbe essere fonte di preoccupazione soprattutto in questo momento, quando in Gran Bretagna si presenta un’alta circolazione della variante delta, e far pensare a una strategia di vaccinazione che comprenda un’ulteriore somministrazione.
Intanto un’analisi effettuata sulla popolazione di Vo’ Euganeo, portata avanti dal gruppo di Andrea Crisanti dell’Università di Padova con la collaborazione dell’Imperial College di Londra, e pubblicata su Nature Communication, ha rilevato che gli anticorpi naturali contro SARS-CoV-2 sono rinvenibili nei pazienti ancora nove mesi dopo la guarigione. «Uno degli elementi più rilevanti che emerge da questo lavoro è proprio che i pazienti che si erano infettati a febbraio 2020 avevano a novembre ancora importanti livelli di anticorpi nel sangue, e questo indipendentemente dalla tipologia di infezione, sia tra i sintomatici che tra gli asintomatici» spiega Crisanti. In novembre, infatti, il 98,8 dei pazienti che erano positivi il virus a maggio mostrava ancora reazione ad almeno un antigene, e il 18,6% mostrava addirittura un aumento degli anticorpi. Questo studio suggerisce quindi che la risposta immunitaria non è proporzionale ai sintomi presentati, e, insieme alle ultime prove emerse, potrebbe far cambiare le tempistiche di vaccinazione delle persone già guarite.
Questo studio suggerisce quindi che la risposta immunitaria non è proporzionale ai sintomi presentati, e, insieme alle ultime prove emerse, supporta la scelta di cambiare le tempistiche di vaccinazione delle persone già guarite, per cui secondo l’ultima circolare del Ministero, è sufficiente una singola dose di vaccino, da somministrare “preferibilmente entro i 6 mesi” e comunque “non oltre 12 mesi dalla guarigione”.