Vincenzo Coppola, il Teatro è la forma artistica più completa
5 Settembre 2024Artista napoletano impegnato nella ricerca e sperimentazione del teatro contemporaneo in una ben riuscita “contaminazione”. Premio “La Karl du Pignè” sezione teatro come miglior spettacolo per “Adolf prima di Hitler”.
Lei ha maturato molte esperienze passando dal teatro classico a quello d’avanguardia. Quale l’aspetto per cui il teatro finisce col prevalere, se lei condivide questo pensiero chiaramente, sulle altre espressioni artistiche della recitazione?
L’impossibilità di scendere da un treno che si fermerà solo quando sarà arrivato alla stazione. Sembra strano ma è così, per me il teatro vince su tutto proprio per la sua caratteristica di costringere l’attore ad affidarsi completamente e a reagire a tutto ciò che gli accade intorno, non a caso Leo de Berardinis definì l’attore come “colui che reagisce alla scena”, che è poi la cosa che rende unica quest’arte, e che rende unica ogni replica e ogni istante di uno spettacolo. Il set cinematografico d’altro canto, per quanto bello e affascinante, non ha per me la stessa presa che può avere il teatro, sono sport simili ma differenti, l’uno non migliore dell’altro ma a teatro sento di avere il mio posto nel mondo e finché ci sarà un teatro, avrò un posto in cui mi sentirò a casa.
Nel cinema se si sbaglia si rifà la scena. Nel teatro “è vietato sbagliare”. Una performance sotto tono o uno svarione di troppo rischiano di fare naufragare lo spettacolo. Cosa l’aiuta a superare quel momento d’impatto che avviene all’aprirsi del sipario?
Ovviamente è importante che un attore sia perfettamente consapevole delle sue competenze e capacità, da questo punto di vista ho sempre invidiato i musicisti che a differenza nostra hanno un repertorio “standard” da poter sempre mettere in campo anche quando le cose sono un po’ improvvisate, per noi invece è leggermente più complicato, per questo bisogna essere innanzi tutto ben preparati, conoscersi e conoscere i propri limiti e agire di conseguenza. Io ad esempio preferisco provare molto e avere il copione prima possibile perché ho bisogno di più tempo per fare in modo che mi arrivino tutte le sfumature, sono quello che si definisce un attore a diesel; quando invece poi sono in procinto di andare in scena, prima di ogni apertura di sipario immagino di attraversare una barriera d’acqua che separa le quinte dal palco, mi aiuta a “lasciare tutto dietro” ed entrare in scena più leggero; per me la visualizzazione è molto importante, per altri no, ma è questo il bello: ognuno dopo un po’ trova le sue strategie ed è sempre bello quando le si condividono coi colleghi e ogni esperienza ti permette di “rubicchiare” di qua e di la. E’ vero che “uno svarione di troppo” può rovinare uno spettacolo, ma siamo professionisti e magari sì, una sera non si fa lo spettacolo migliore della stagione, ma raramente ho visto spettacoli naufragare completamente, anche perché l’errore del momento può diventare il tesoro di un’intera serata.
Il confronto con personaggi immortali del repertorio classico (Amleto) rappresenta sempre un’insidia in più, dato che con quei personaggi si sono cimentati i mostri sacri del teatro mondiale.
Vero, ed è importantissimo studiarli, conoscerli e capirli. Il bello di quest’arte è che impossibile che due attori diversi facciano la stessa performance su uno stesso personaggio, il teatro è poesia, e in quanto tale ci arriva da direzioni diverse in momenti diversi della nostra vita, magari una frase di Amleto un giorno ci è completamente oscura e un altro diventa la chiave di volta per capire tutta l’opera, allo stesso modo non possiamo pretendere che le cose ci arrivino allo stesso modo in cui sono arrivate ad altri, il mio Amleto non sarà mai come quello di Gassman, ne io pretenderò di farlo in quel modo, ma vedere, studiare, ascoltare come lo hanno fatto attori decisamente più bravi di noi può aiutarci a guardare dietro l’angolo e magari scoprire qualcosa che da soli non avremmo visto. L’arte è condivisione, e guardare a chi è venuto prima di noi, o è più bravo, ci aiuta a mettere in un calderone tutto ciò che sappiamo e magari riuscire a far fare un passo in più al teatro o all’arte in generale; è un percorso di condivisione da fare tutti insieme, i personalismi meglio lasciarli fuori e risolverli con una cara vecchia amata psicoterapia.
Le è capitato di calarsi nel personaggio nel quale ha ritrovato un altro se stesso per cui è risultato complicato uscirne?
Non ho mai avuto particolari difficoltà ad uscire da un personaggio, in verità spesso devo stare attento affinché non accada il contrario, e cioè che entri troppo prepotentemente la mia personalità e\o modo di fare all’interno di un personaggio, correndo il rischio che il tono diventi troppo quotidiano e colloquiale e che si perda un po’ il personaggio lungo la strada. Col teatro la situazione della “sindrome del personaggio assorbito” è un po’ più rara che al cinema per diversi motivi di metodi e tempi di lavorazione. Quello che però sicuramente può risultare strano ma anche simpatico per chi mi conosce è che spesso dopo varie giornate di spettacolo inizio a parlare nel quotidiano in dizione o di diaframma, cambia il modo di muovermi, di pormi ecc…e quando me lo fanno notare, con un po’ di imbarazzo, torno a parlare come mangio hahaha.
Ha iniziato il teatro da giovane sotto quale spinta: familiare od amicale?
La mia famiglia è assolutamente a digiuno di teatro, la chiave di volta fu un amico che al liceo mi convinse a provare un giorno di laboratorio teatrale nel mio liceo, da lì, 14 anni dopo sono ancora qua.
Cosa bolle in pentola nel suo immediato futuro professionale?
Con l’arrivo dei 30 arrivano anche tante domande e punti della situazione, varie esperienze recenti mi hanno fatto capire che devo ancora studiare tanto e che forse è il momento di “tagliare” alcune situazioni che non mi rendono felice al 100%, quindi sarà un grande anno di set-up, mentre continuano le produzioni di cui faccio parte, Amleto (o il gioco del suo teatro), Adolf prima di Hitler che ha ancora tanto da dire soprattutto in questo periodo storico. Ho voglia di scrivere tanto, di dedicarmi alla regia e portare eventi culturali e spettacoli nella mia città, Pozzuoli, che al momento è un po’ a digiuno di cultura musicale, teatrale, cinematografica. Questo mi permetterà di accettare solo i progetti, come attore, che mi rendono veramente felice e di cui voglio assolutamente fare parte, mentre continuerò a studiare e formarmi perché si sa, soprattutto in questo mestiere, gli esami non finiscono mai, e farsi trovare pronti e preparati fa tutta la differenza del mondo