
Zoonosi e salute globale
30 Marzo 2025“Per tutto l’ambito delle malattie infettive e della diagnostica di sorveglianza, c’è uno stretto legame fra la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente – spiega Simone Ambretti, responsabile della struttura di batteriologia della Microbiologia dell’Ospedale Universitario Sant’Orsola di Bologna. L’equilibrio tra questi tre ambiti è estremamente fragile, e qualsiasi squilibrio – come quelli determinati dai cambiamenti climatici, dalla globalizzazione o da un uso improprio degli antimicrobici – può facilitare l’emergere e la diffusione di nuovi patogeni. Per questo oggi è impensabile fare prevenzione senza un’integrazione concreta tra medicina umana, veterinaria e ambientale. I cambiamenti climatici, ad esempio, hanno un impatto diretto sull’aumento dei vettori di infezioni, in particolare arbovirosi come West Nile, Dengue e Chikungunya. Queste malattie sono sempre più presenti anche nei nostri territori e richiedono una sorveglianza integrata, continua e trasversale. Solo così possiamo intervenire tempestivamente e prevenire focolai prima che si trasformino in emergenze sanitarie”.
Un esempio concreto è rappresentato dal monitoraggio delle acque reflue, che consente di rilevare precocemente la diffusione di microrganismi patogeni come la Legionella, un batterio ambientale che può infettare l’uomo attraverso aerosol e impianti idrici contaminati. “L’analisi delle acque reflue è una delle applicazioni più efficaci dell’approccio integrato – sottolinea Ambretti – e ci permette di anticipare l’insorgenza di focolai e contenere i rischi per la salute pubblica. È un sistema che valorizza l’ambiente come fonte di informazione microbiologica e che consente di attivare interventi mirati prima ancora che i casi clinici si manifestino. La prevenzione oggi passa dalla capacità di osservare il territorio nel suo complesso e di leggere segnali deboli, spesso nascosti in dati ambientali o veterinari, che solo una rete di microbiologi può interpretare correttamente”.
Ma le infezioni emergenti non si fermano all’ambiente: si originano spesso nel mondo animale. Lo ricorda Maria Rosaria Capobianchi, docente all’Università Medica Internazionale Unicamillus di Roma ed ex direttrice del laboratorio di virologia dell’Istituto Spallanzani. “Quasi tutte le pandemie che si sono succedute nella storia dell’umanità sono nate da zoonosi – ha spiegato – ovvero da eventi di spillover, il passaggio di un virus da un animale all’uomo. Un passaggio che, per innescare un’epidemia o pandemia, richiede una serie di adattamenti: prima all’organismo del mammifero, poi all’uomo e infine la capacità di trasmettersi da uomo a uomo”.
Tra i casi più emblematici, la “Spagnola” – nata da un virus aviario trasmesso dagli uccelli all’uomo tra il 1915 e il 1918 – e le recenti epidemie da coronavirus, dal SARS-CoV-1 nel 2003 fino al SARS-CoV-2 che ha causato la pandemia di Covid-19. Oggi il principale sospettato per una futura pandemia è il virus H5N1 dell’influenza aviaria, che ha già effettuato diversi salti di specie. “Questo virus è passato dagli uccelli ai bovini, poi ai gatti – ha precisato Capobianchi. – Anche se non è ancora in grado di trasmettersi da uomo a uomo, ha già compiuto molti dei passaggi chiave per l’adattamento all’uomo. È per questo che lo consideriamo un possibile patogeno X”.
Sul fronte vaccinale si lavora a diversi prototipi contro l’H5N1, ma l’uso negli animali resta controverso. “Non si fa uso veterinario di questi vaccini per evitare che gli animali diventino asintomatici e continuino a trasmettere il virus, favorendo nuove varianti – ha chiarito Capobianchi. – Tuttavia, la sorveglianza microbiologica rimane l’arma più importante per seguire l’evoluzione dei virus e intervenire rapidamente con la produzione di un vaccino in caso di emergenza. Oggi abbiamo strumenti potenti: possiamo sequenziare rapidamente gli agenti patogeni, accumulare moltissimi database e, soprattutto, condividere le informazioni a livello globale. La cooperazione scientifica internazionale è fondamentale”.
A sottolineare il ruolo strategico della microbiologia clinica in questo scenario è Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI: “Il contrasto alle infezioni e all’antibiotico-resistenza richiede un approccio integrato che unisca le competenze dei microbiologi clinici e di altri specialisti impegnati nella tutela della salute pubblica. In un’ottica One Health, la diagnostica microbiologica è fondamentale non solo per guidare le terapie, ma anche per alimentare una sorveglianza efficace e tempestiva, capace di prevenire la diffusione di patogeni a livello umano, animale e ambientale. In un mondo sempre più interconnesso, in cui virus, batteri e vettori si spostano insieme alle persone e agli effetti dei cambiamenti climatici, il paradigma One Health è la bussola scientifica per affrontare le sfide sanitarie del presente e del futuro”.