Ri-educare al riuso degli avanzi e degli scarti

Ri-educare al riuso degli avanzi e degli scarti

8 Luglio 2019 0 Di Vincenzo De Rosa

Nella “tradizione” gettare il cibo è considerato uno spreco, buttare il pane un sacrilegio. Nella cucina del riuso il pane raffermo ri-diventa protagonista.

 Nella dieta italiana, sia pur in proporzioni diverse, sono presenti carboidrati, grassi e proteine, in percentuali diversificate. La percentuale maggiore di carboidrati, intorno al cinquanta per cento, è dato da quelli per cui il pane diventa un alimento prezioso, ogni giorno, proprio per la presenza e la quantità di carboidrati da ingerire.

Nella società dei consumi è d’obbligo educare al riuso alimentare perché, anche a livello familiare, deve essere chiaro e comprensibile la necessità di non perdere cibo prezioso. Ognuno di noi dovrebbe iniziare a formulare un ricettario del riuso alimentare, che è non solo opportuno, ma promuove un percorso formativo mirante all’educazione alla cucina degli avanzi e delle parti di scarto finalizzato a migliorare anche il rapporto dell’uomo con l’ambiente e comprendere che il cucinare è un atto d’amore. Bucce di patate, scarti di carote, di piselli, di carciofi, assumono pari dignità se ben preparati, diventando preparati dolci e raffinati. Poi vi sono gli avanzi del pane, della pasta, del riso, della carne, delle verdure e dei legumi, nella tradizione di ogni campanile, sicuramente possono essere riutilizzati grazie a segreti da svelare una volta perfezionata la preparazione rendendola, così, alla portata di tutti.

Non gettare via alimenti “riciclabili” non significa solo risparmiare, o rifarsi ad un retaggio di una una passata povertà, ma cogliere la cultura del dispiacere di buttare via prodotti buoni, pieni di nutrimenti preziosi, che possono diventare così, cibi facili da utilizzare e con cui preparare piatti saporiti e gustosi, legati alla dieta mediterranea.

L’idea del ricettario del riuso alimentare, perciò, finisce per essere un’idea creativa anche perché finalizzata alla volontà di restituire al mondo attuale un gusto per il saporito. A volte, perduto a causa di un consumo alimentare sconvolto dalla frettolosità con cui l’esistenza dell’uomo attualmente si svolge. Il passato, rivivendo attraverso le preferenze e le capacità di giovani studenti creativi e laboriosi, rinnoverà e riproporrà la propria eredità grazie agli insegnamenti di chi i piatti li preparava per necessità e per tramandarli a chi oggi si cimenta nella cucina semplice ma elaborata. Tutto ciò nel tentativo di sottrarsi alla consuetudine sociale in cui la comunità educante odierna vive e dove i costumi tendono all’omologazione. In sostanza si rinuncia, ci si priva, delle cucine locali e delle tradizioni a causa di spazi semprepiù ridotti e al tempo sempre più scarso da dedicare alla preparazione dei cibi.

I sistemi di cottura, le cotture in generale diminuiscono e l’utilizzo dei surgelati, rispetto al fresco, tende ad aumentare, naturalmente tutto a discapito della qualità. Anche il frigorifero, elettrodomestico certamente molto utile per migliorare le condizioni di vita dell’uomo, ha eliminato la necessità di preparare e sperimentare ricette di ricotture degli avanzi senza più rigenerare il cibo con altra preparazione. Il surgelato si riscalda in forno o al microonde portando in tavola una ricetta non propria, bensì propinata dall’industria alimentare come semplice e alla portata di tutti. Lo svantaggio di tutto ciò è la perdita della freschezza e della genuinità. E ci si è dimenticati del ben-essere della rigenerazione di un cibo, di adoperarsi per produrre una miscela di ingredienti legati dalla fantasia personale o alla saggezza legando sapori gustosi per i palati. Si è anche dimenticato il tempo della preparazione nonché il gusto di preparare, al naturale e con entusiasmo, piatti profumati (profumi e sapori di una volta) e appetitosi.

Bisogna, perciò, considerare la cucina del riuso come un nuovo modo di cucinare per ritrovare non solo i sapori di un tempo, ma di un’idea ben più razionale e necessaria per rendere più equilibrata e naturale l’alimentazione senza rinunciare alla fantasia.

Cosa dire, poi, del vocabolo refettorio, ossia il luogo ove, ancora oggi, i monaci e le monache condividono i pasti; questo termine deriva da reficere nel senso di ricostruireo anche ristorare; quindi, attraverso il riuso dei cibi e il laborioso cucinare, risulta un’immagine di tradizione e di solidarietà, mentre il privilegio dell’incontro raccoglie il comprendersi attraverso i medesimi sapori favorendo, così, la conoscenza dell’altro come fratello o sorella.

Un’ultima considerazione a proposito di un vegetale dalle indubbie proprietà salutari: ai bambini, in passato, si raccontava la favoladi trovare i neonati sotto le foglie di cavolo, il motivo è semplice, poiché proprio attraverso il cavolo si alimenta la vita e si genera il futuro legame familiare dettato dalla preziosità del creato.